lunedì 4 gennaio 2016

per qualche istante, la felicità

se non ci sei nato non lo puoi capire.

ci sono due persone nella mia vita che mi hanno fatto capire l'importanza del mare.
una è mia moglie Sabrina e solo lei sa esattamente cosa le succedeva fino a qualche anno fa, quando,
di ritorno da Carrara, al casello dell'autostrada doveva scegliere quella via così triste, Parma.
l'altro è S. quanto sia importante per lui il mare lo si può immaginare con un piccolo sforzo di
immaginazione, lui, che  a distanza di così tanti chilometri, anni, pensieri, ha la pelle che sa ancora di
salsedine.
che viene da una città, Merca, affacciata sull'oceano indiano.
che ha imparato a nuotare come un pesce.
che ha imparato a giocare a calcio, il suo sport preferito, su quelle spiagge.
che un giorno di 3 anni fa ha stramaledetto il mare che gli aveva portato via i suoi amici e non avrebbe mai immaginato di farlo.
che di là dal mar mediterraneo era una persona e di quà se ne è dovuto inventare un'altra.

ma il mare non te lo togli mai di dosso e per quanto ti abbia fatto soffrire, continui ad amarlo
incondizionatamente.

questo Natale, che mai dimenticheremo, abbiamo regalato a S. il mare.
e lui si è sdebitato con delle splendide verticali e acrobazie varie sulla spiaggia di marina di carrara al
tramonto.
per qualche istante, la felicità.

martedì 22 dicembre 2015

un mese di emozioni


come la tua espressione.

come la tua voce.

come aver respirato l'odore della tua stanza dopo la prima notte.

come aver condiviso il primo pranzo insieme.

come  aver sentito i tuoi racconti.

come la faccia di Rocco la sera dell'orologio.

come la copertina di Manuel vicino al tuo tappeto quando pregate insieme.

come quando siamo andati nella macelleria araba a comprare la carne.

come le banane fritte.

come i tuoi silenzi.

come le tue risate.

come i ragazzi del CIAC.

come quando si è staccato il dente.

come le foto di tua moglie e dei tuoi figli.

come la Somalia.

lunedì 14 dicembre 2015

se son rose fioriranno

ricomincio dall'ultima cosa che ci è capitata.
ieri pomeriggio, dopo un lauto pranzo a casa, impreziosito dalla presenza della nostra amica Giuliana, siamo andati tutti insieme ad assistere alla performance canora del nostro Rocco, che da qualche tempo canta per il coro delle voci bianche ARS.

il concerto di Natale si è tenuto al Petitot di piazzale Risorgimento, quella struttura che sorge in mezzo alla grande rotatoria davanti allo stadio Tardini, per intenderci.
vedere tutti quei bambini in divisa ufficiale è stato bellissimo.
c'era chi sbadigliava, chi seguiva attentamente le mani sapienti del maestro del coro, Gabriella, una donna con grinta da vendere, chi seguiva assiduamente senza staccare gli occhi dallo spartito che teneva in mano, chi sussurrava appena, chi invece cantava allegramente. due bambini, addirittura, hanno avuto un attimo di defaillance, ma per fortuna si sono prontamente ristabiliti.
d'altra parte lì dentro faceva veramente un gran caldo, mettici poi l'emozione e la concentrazione per la voglia di ben figurare ed il gioco è fatto.
il bello della diretta.

è stato un bel momento all'insegna della buona musica, che ci accompagna fin dai primissimi momenti dell'avventura con S..come quando il sabato che è arrivato in famiglia- nel frattempo, ebbene si, abbiamo tagliato il traguardo delle tre settimane insieme -  salutati gli amici del CIAC, siamo rimasti da soli e in quel momento la musica ci ha aiutati tantissimo ed abbiamo cominciato a canticchiare "a modo tuo" la canzone del liga cantata da elisa; non immaginate quanto sia stato emozionante sentire S. intonare "sarà difficile....." con quell'accento così strano.
oppure come quando ascoltiamo tutti insieme "vieni a ballare in Puglia" di caparezza, i bambini in questo periodo ne vanno matti.

o come quando Mimma è venuta a cena a casa nostra ed abbiamo ascoltato tutti insieme le canzoni di un artista che amiamo tantissimo, faber fabrizio de andrè.
quella sera il momento dell'incontro fra Mimma e S è stato in qualche modo solenne.
si sono seduti uno di fronte all'altra in sala ed hanno cominciato a parlare come due amici che si ricongiungevano dopo tanti anni. Mimma infatti più di 20 anni fa è stata in Somalia con una missione umanitaria, ed è stata in quella terra per due anni, un'esperienza che l'ha segnata. scoprire che hanno o avevano conoscenze ed amicizie in comune e vederli ricordare aneddoti che, pur collocati in epoche differenti - Mimma era in Somalia quando S. era appena nato- li accomunano, è stato a dir poco emozionante.
per Mimma deve essere stata una carezza nell'anima, per usare le parole del mio amico Sergio.
poi tutti insieme ci siamo messi a tavola ed abbiamo scoperto che anche a S. piace la polenta.
il mondo è piccolo.

nel mezzo, ci sta la vita di tutti i giorni e stiamo provando con mano la difficoltà del percorso intrapreso. a volte è veramente arduo approcciare S. nei suoi momenti di tristezza o di profonda riflessione, nonostante lui continui a dire che "va molto, molto bene".
come diceva Nicoletta, siamo ancora in una fase interlocutoria  di conoscenza reciproca. di certo, abbiamo scoperto quanto S. sappia essere estremamente timido e riservato o estremamente solare quando si mette a giocare coi bambini senza pensare a nient'altro.

ma le cose lentamente si muovono e noi siamo estremamente convinti della strada intrapresa.
lo siamo perchè venerdì sera,ad un convegno promosso da CIAC, Chiara ha letto una lettera che aveva lasciato Sara, il datore di lavoro che segue S. nel suo tirocinio presso la casa residenza per anziani non autosufficienti "padre Lino". tutti i presenti hanno potuto sentire con le loro orecchie la testimonianza di chi vede S. tutti i giorni nel suo preziosissimo lavoro.
lo siamo, perchè, dopo essere stato intervistato da tv parma, sono stato avvicinato da Gino, che è nel direttivo dell'associazione ambientalista e sociale Bicinsieme-Fiab. "credo che con il mondo del volontariato verso i rifugiati potremmo avere momenti di collaborazione in campo ciclistico" sono state le sue parole. Grazie Gino, se ne riparlerà la prossima primavera,credo.

se son rose, fioriranno.

venerdì 4 dicembre 2015

ed ora scusate ma vado a giocare a 1 2 3 stella

lunedì ho fatto pomeriggio, poi in tutta fretta ho raggiunto Sabrina e i miei piccoli in via bandini nella sede del CIAC, dove era stata organizzata la cena delle famiglie che accolgono.
al mio arrivo, sono stato, appunto, accolto come una star, ormai questa cosa del blog era sulla bocca di tutti e tutti mi facevano i complimenti. chi mi conosce bene lo sa che non sono uno che ama stare sotto i riflettori, ma Chiara, la vera anima del progetto, ha precisato che se non volevo questo, potevo scrivere un diario. come darle torto.

anche se erano presenti tutti gli stati maggiori dell'associazione, ed altri osservatori, i veri pezzi grossi della serata erano le famiglie ed i ragazzi accolti, per questo si respirava un' atmosfera amichevole e frizzante e credo che la parola più usata della serata sia stata "grazie". d'altra parte il senso di gratitudine e di felicità era presente, indistintamente, sulle facce di tutti i presenti ed è stato bellissimo guardarsi con tutti e stringersi la mano.

non mi scorderò certo l'espressione imbarazzata di una giovane donna ivoriana, quando, avvicinandomi a lei, le ho fatto i complimenti per aver preparato delle ottime banane fritte accompagnate da riso e da una salsa piccante semplicemente strepitosa. anche se prima o poi qualcuno me lo deve spiegare di che colore diventa il loro viso quando noi diventiamo rossi, stasera quando torna S. glielo devo chiedere.

così come non mi scorderò facilmente di quando, dopo aver spazzolato tutto il menù proveniente da tante parti del mondo, siamo stati invitati a metterci tutti in cerchio ed a parlare, ognuno della propria esperienza. Chiara faceva da moderatrice e dopo un breve attimo di imbarazzo, S.- un uomo iraniano che non smetteva più di sorridere -  e la persona che l'ha accolto -  un parmigiano dai lineamenti un pò severi, ma evidentemente dal grande cuore -  hanno rotto il ghiaccio. d'altra parte a chi poteva andare la parola per primi se non a loro che sono quelli più "vecchi" di tutto il progetto?

poi via via hanno preso la parola una famiglia che ha accolto un ragazzo della Somalia che ora è in Danimarca a lavorare per un ristorante somalo, che ha raccontato che finchè sono stati insieme, un mese e mezzo, hanno riso tanto.

non ci siamo fatti mancare nemmeno il matrimonio tra una ragazza, che al momento è accolta da altre due ragazze ed il suo sposo, che era presente per l'occasione.

poi c'era una mamma con le sue figlie e la loro giovane donna accolta.

e poi il professore, che è arrivato alla quinta esperienza di accoglienza e che ospita un ragazzo somalo che quella sera era a scuola di italiano.

poi ha  parlato Sabrina che ha sottolineato che, essendo così presa in casa dal suo ruolo di madre, a volte finisce per trattare come un figlio anche S. .

 e poi Mimma, che inizierà la sua avventura tra pochi giorni aprendo la sua casa ad un ospite proveniente dal Ciad.

a fare da sfondo c'erano bambini vari, tra i quali i nostri figli ed il bellissimo bimbo di Paolo, Riccardino.

ed ora scusate ma vado a giocare a 1 2 3 stella (e S. sta ridendo come un matto).

giovedì 3 dicembre 2015

intanto penso a quante cose ho ancora da imparare

pallium è un termine latino che significa mantello, è il termine da cui derivano le cure palliative, che altro non sono che un mantello, appunto, una coperta, per le persone che soffrono.
mi piace pensare che noi siamo il pallium di S, la sua cura.

S è un ragazzo di 25 anni, somalo, è dovuto scappare dal suo paese, la Somalia, perchè lì si è venuta a creare una situazione insostenibile di interminabile guerra civile dove convivono tantissime fazioni e, per usare le parole del mio amico, se decidi di far parte di uno di questi gruppi, gli altri vengono a cercarti per ammazzarti. se decidi di non schierarti devi scappare, letteralmente, lasciando, come nel suo caso, una moglie incinta di una bimba che ancora non ha potuto abbracciare e un maschietto di 3 anni.

per arrivare dalla Somalia in Libia devi oltrepassare il deserto. anni fa, mi ha raccontato S, i primi somali che intraprendevano questo viaggio, morivano in tantissimi, ora ci hanno preso in qualche modo le misure e attualmente, sono molti di più quelli che riescono a raggiungere il paese nordafricano.

S affrontò la traversata di quel tratto di mar mediterraneo che separa le coste libiche da quelle italiane, la prima volta, su un gommone con a bordo circa 150 persone. ad un certo punto il gommone si ruppe e tanti suoi amici morirono.ritornato in Libia, riuscì ad imbarcarsi una seconda volta. per fortuna, in questo caso, i passeggeri furono "solo" 80 e S riuscì a raggiungere l'isola di Lampedusa e ad intraprendere la sua avventura italiana.

era il giugno di 3 anni fa e mentre vi scrivo penso che nello stesso periodo, il giugno del 2012, uscivo da un bruttissimo periodo di depressione; anche allora le persone che più mi furono vicine, penso principalmente a  Sabrina e alla mia carissima amica Mimma, mi cucirono addosso un mantello, un pallium, data la mia situazione di vulnerabilità.
in qualche modo devo aver conservato quella coperta per usarla, ora, con S.

S. non mi ha raccontato tutto, naturalmente, del suo terribile viaggio; so che è difficile e so che gli servirà tempo. di certo, in quello che ho avuto la fortuna di ascoltare del suo racconto, ho trovato, ricorrente, il tema della morte. mi piacerebbe parlare con lui in futuro di questo.

intanto penso a quante cose ho ancora da imparare.

venerdì 27 novembre 2015

ed ora vediamo se mi rimane un pò di tempo per farmi la barba

domenica scorsa, dato che in casa si respirava ancora una bellissima aria di festa, sull'onda dell'entusiasmo, abbiamo deciso di fare l'albero di natale tutti insieme.

stamani, di ritorno dalla mia corsetta bruciagrassi, guardavo l'albero e la mia attenzione è caduta su una pallina che Sabrina mette sempre nello stesso punto, quasi a volerla coccolare; anzi, io in fondo penso che mia moglie faccia l'albero proprio per attaccare quella pallina lì, quella che le è stata regalata da Carmen, la sua collega e soprattutto amica, che qualche natale fa, sapendo di dover morire, ha pensato di regalarle la sua presenza in uno dei momenti più gioiosi dell'anno. 
ecco, io penso che Carmen fosse una piccola grande donna che sotto aveva due palle così.

stasera, invece, io e S. usciamo e raggiungiamo un piccolo gruppo di amici a Fidenza, a mangiarci una pizza. 
questo gruppo è la testimonianza diretta di come la vera amicizia non finisce mai. è nato negli anni, ormai piuttosto lontani, della scuola infermieri, e quando ormai sembrava che si fosse definitivamente sciolto, qualche anno fa, è rinato, ed ora, periodicamente, ci incontriamo e facciamo tante risate ricordando gli anni della scuola. 
insomma, proprio come si fa con le piante, così facciamo con questo gruppo di amici, annaffiandoci, di tanto in tanto, a vicenda. io penso perchè, durante il nostro percorso di formazione, ci è stato insegnato a prenderci cura delle persone, e questo  è un marchio indelebile che abbiamo stampato dentro. grazie, Enrica.
tra queste persone c'è anche Daria, una bellissima donna, che pur portando dentro un peso incredibile, quando la incontro o la sento, mi trasmette sempre un' enorme voglia di vivere ed un grandissimo amore per la vita, nonostante questa non sia stata proprio gentile con lei.

tornando invece a noi, sabato scorso, mentre fuori c'era letteralmente la tempesta, S è entrato in punta di piedi nella nostra famiglia ed io penso che in quel momento due mondi si sono incontrati, e questa è la cosa più bella che gli uomini e le donne di qualsiasi credo e colore possano fare.
come vi dicevo, si è creato fin da subito un bellissimo clima di festa, Rocco e Manuel avevano pensato di fare uno dei loro spettacoli ed hanno accolto S., Nicoletta e Paolo nascosti dietro una coperta di pile. Nicoletta, poi, aveva portato con se anche sua figlia Veronica ed è stato molto bello, perchè, pur non conoscendoci un granchè, sembravamo proprio un'unica grande famiglia, per usare le parole della mia amica Daria.
come in tutti i grandi eventi c'è stato anche il momento solenne della firma del contratto tra noi, famiglia Battecca, S. e Paolo, portavoce del CIAC. insomma, è stato proprio come in un matrimonio, noi e S. i due sposi e Paolo il prete che celebrava le nozze.

poi tutto è tornato alla normalità, se così si può dire, e siamo tornati a fare la vita di sempre ma con la sensazione costante, almeno da parte mia, di questa cosa nuova. in tutte le cose che faccio con S. cerco di trasmettergli, semplicità, perchè penso sia la cosa più importante; inutile nascondere però che, sempre in tutte le cose che faccio con lui, sento il peso della responsabilità, ma credo di portarlo via con disinvoltura.

mercoledì sera abbiamo festeggiato qui a casa tutti insieme il compleanno di Rocco, il nostro piccolo grande uomo che bruciando le tappe cresce a vista d'occhio ed ha già compiuto 9 anni, io avevo preparato due torte salate e Sabrina si era occupata della crostata di marmellata e, come in tutte le feste di compleanno, Rocco ha spento pure le candeline. poi, ieri sera, i nostri turni di lavoro, hanno voluto che fossimo di nuovo a tavola tutti insieme e ad un certo punto ho visto S. che, senza farsi vedere - proprio come facevo io da piccolo quando mettevo la letterina di Natale sotto il piatto di pisarei e faso' di mio padre la sera della vigilia - ha appoggiato sul tavolo nel posto di Rocco, un regalo per lui, un orologio. come ho già avuto modo di dire alla mia amica Giuliana, abbiamo finito i fazzoletti. Manuel, naturalmente, ci è rimasto male, ma quando, al primo accenno di sacrosanto capriccio, gli ho detto che a lui ci avrei pensato io, dimostrando grande sensibilità, si è subito rimesso a mangiare.

questo è stato senz'altro l'episodio più bello e significativo della prima settimana trascorsa insieme, e non ha bisogno di altri commenti.

ed ora vediamo se mi rimane un pò di tempo per farmi la barba.

mercoledì 18 novembre 2015

avrò tempo per rifarmi

in questi giorni che ci separano dall'arrivo in famiglia di S. penso. anzi, sarebbe meglio dire che la mia testa è una lavatrice di pensieri.
penso a quello che lui sta pensando. penso al nostro primo incontro. penso che sarebbe meglio che facessi con voi un piccolo passo indietro.

 vi ho già parlato dell'incontro con Nicoletta, o meglio, le cose sono andate così; dopo la marcia delle donne e degli uomini scalzi, alla quale io, ahimè, non partecipai perchè quel giorno mi dovevo occupare delle donne e degli uomini dializzati, mia moglie Sabrina lasciò il nostro recapito telefonico ai volontari del CIAC che quel giorno facevano un banchetto in p.le della pace; ecco, voi non potete immaginare la nostra sorpresa ed anche un pò di sconcerto, direi (della serie ci hanno beccati), quando neanche una settimana dopo - mentre nel frattempo si era già aperto il dibattito ci chiameranno, si, no, forse, perchè dovrebbero farlo, lo faranno senz'altro -ricevemmo la telefonata del CIAC, centro immigrazione asilo e cooperazione onlus; ci chiedevano se fossimo intenzionati a fare un colloquio con loro e così concordammo un appuntamento.

qualche giorno dopo mi presentai presso i locali dell'associazione in un primo tempo da solo, Sabrina, infatti, ci avrebbe raggiunti solo dopo il turno del mattino e qui feci conoscenza con Nicoletta, che mi disse essere la psicologa del progetto rifugiati in famiglia; mi raccontò che queste persone immigrate arrivano a Parma come profughi, ognuno con la sua storia, e vengono presi in carico dal CIAC, associazione nata qualche anno fa in città, che sbriga per loro in primis le pratiche burocratiche, presentando la domanda di asilo politico; poi si preoccupa di trovare loro una sistemazione, collocandoli in appartamenti sparsi sul territorio cittadino e poi di trovare loro un'occupazione e di far frequentare loro, nel frattempo, dei corsi di lingua italiana e magari dei corsi abilitanti una professione, insomma, un lavoro della madonna.
oltre a tutto questo popò di roba, quelli del CIAC hanno anche pensato ad un nuovo progetto che per ora è ancora sperimentale, quello, appunto, dei rifugiati in famiglia.

 A Parma, dopo che gli immigrati passano un periodo di 10/14 mesi in appartamento e nel frattempo passano dallo stato di profughi allo stato di rifugiati politici, essendo infatti stata accettata la domanda di asilo politico, da qualche tempo, per alcuni di loro, si aprono le porte di una famiglia.
 Dopo che Nicoletta,con precisione e diligenza, mi spiegò chi fosse lei e che cosa rappresentasse, mi disse che per noi c'era la possibilità di accogliere una persona nella nostra famiglia per 9 mesi, proprio quello che avevamo pensato; nel frattempo arrivò anche Sabrina e dopo averle spiegato in poche parole quello di cui avevamo parlato, Nicoletta aggiunse anche che, molto probabilmente, si sarebbe trattato di un uomo, essendo nettamente in maggioranza rispetto alle donne e adulto; noi chiedemmo se si potesse trattare anche di un bambino, ma lei ci rispose che i bambini non rientrano nel progetto in quanto, a Parma, seguono altri percorsi.
 Ci congedammo con la promessa di richiamare per comunicare la nostra decisione e Nicoletta ci ringraziò e ci salutò con i suoi modi dolci e con il suo bellissimo sorriso gentile, che poi sono il suo marchio di fabbrica, avremmo scoperto nelle settimane successive.
dopo un breve confronto tra me e Sabrina che oserei dire, dai connotati tragicomici, decidemmo di intraprendere questa avventura e anche che di lì a qualche giorno, non il giorno dopo, perchè non stava bene, avremmo informato il CIAC.
 due giorni dopo chiamai Nicoletta, le comunicai la nostra decisione e riuscii a percepire chiaramente la sua gioia e la sua riconoscenza.

 da allora Nicoletta è venuta a casa nostra diverse volte, per conoscerci meglio e per conoscere le nostre aspettative e la nostra casa e ha fatto amicizia con i nostri figli, Rocco e Manu e con il nostro gatto Zorro, che da felino sgamato qual'è non perde mai l'occasione per andare ad accomodarsi accanto a lei sul divano; nel frattempo ha tenuto colloqui con diversi ragazzi ospitati negli appartamenti per capire di chi potesse essere l'identikit della persona che più poteva andare bene per le nostre caratteristiche, fino ad arrivare a sabato, giorno in cui, per la prima volta, ci siamo conosciuti con S.

 da sabato, appunto, penso molto, ma più di tutto penso che in quell'attimo, quando i nostri sguardi si sono incrociati, anzichè stringerti la mano, avrei dovuto abbracciarti.

ma avrò tempo per rifarmi.