mercoledì 18 novembre 2015

avrò tempo per rifarmi

in questi giorni che ci separano dall'arrivo in famiglia di S. penso. anzi, sarebbe meglio dire che la mia testa è una lavatrice di pensieri.
penso a quello che lui sta pensando. penso al nostro primo incontro. penso che sarebbe meglio che facessi con voi un piccolo passo indietro.

 vi ho già parlato dell'incontro con Nicoletta, o meglio, le cose sono andate così; dopo la marcia delle donne e degli uomini scalzi, alla quale io, ahimè, non partecipai perchè quel giorno mi dovevo occupare delle donne e degli uomini dializzati, mia moglie Sabrina lasciò il nostro recapito telefonico ai volontari del CIAC che quel giorno facevano un banchetto in p.le della pace; ecco, voi non potete immaginare la nostra sorpresa ed anche un pò di sconcerto, direi (della serie ci hanno beccati), quando neanche una settimana dopo - mentre nel frattempo si era già aperto il dibattito ci chiameranno, si, no, forse, perchè dovrebbero farlo, lo faranno senz'altro -ricevemmo la telefonata del CIAC, centro immigrazione asilo e cooperazione onlus; ci chiedevano se fossimo intenzionati a fare un colloquio con loro e così concordammo un appuntamento.

qualche giorno dopo mi presentai presso i locali dell'associazione in un primo tempo da solo, Sabrina, infatti, ci avrebbe raggiunti solo dopo il turno del mattino e qui feci conoscenza con Nicoletta, che mi disse essere la psicologa del progetto rifugiati in famiglia; mi raccontò che queste persone immigrate arrivano a Parma come profughi, ognuno con la sua storia, e vengono presi in carico dal CIAC, associazione nata qualche anno fa in città, che sbriga per loro in primis le pratiche burocratiche, presentando la domanda di asilo politico; poi si preoccupa di trovare loro una sistemazione, collocandoli in appartamenti sparsi sul territorio cittadino e poi di trovare loro un'occupazione e di far frequentare loro, nel frattempo, dei corsi di lingua italiana e magari dei corsi abilitanti una professione, insomma, un lavoro della madonna.
oltre a tutto questo popò di roba, quelli del CIAC hanno anche pensato ad un nuovo progetto che per ora è ancora sperimentale, quello, appunto, dei rifugiati in famiglia.

 A Parma, dopo che gli immigrati passano un periodo di 10/14 mesi in appartamento e nel frattempo passano dallo stato di profughi allo stato di rifugiati politici, essendo infatti stata accettata la domanda di asilo politico, da qualche tempo, per alcuni di loro, si aprono le porte di una famiglia.
 Dopo che Nicoletta,con precisione e diligenza, mi spiegò chi fosse lei e che cosa rappresentasse, mi disse che per noi c'era la possibilità di accogliere una persona nella nostra famiglia per 9 mesi, proprio quello che avevamo pensato; nel frattempo arrivò anche Sabrina e dopo averle spiegato in poche parole quello di cui avevamo parlato, Nicoletta aggiunse anche che, molto probabilmente, si sarebbe trattato di un uomo, essendo nettamente in maggioranza rispetto alle donne e adulto; noi chiedemmo se si potesse trattare anche di un bambino, ma lei ci rispose che i bambini non rientrano nel progetto in quanto, a Parma, seguono altri percorsi.
 Ci congedammo con la promessa di richiamare per comunicare la nostra decisione e Nicoletta ci ringraziò e ci salutò con i suoi modi dolci e con il suo bellissimo sorriso gentile, che poi sono il suo marchio di fabbrica, avremmo scoperto nelle settimane successive.
dopo un breve confronto tra me e Sabrina che oserei dire, dai connotati tragicomici, decidemmo di intraprendere questa avventura e anche che di lì a qualche giorno, non il giorno dopo, perchè non stava bene, avremmo informato il CIAC.
 due giorni dopo chiamai Nicoletta, le comunicai la nostra decisione e riuscii a percepire chiaramente la sua gioia e la sua riconoscenza.

 da allora Nicoletta è venuta a casa nostra diverse volte, per conoscerci meglio e per conoscere le nostre aspettative e la nostra casa e ha fatto amicizia con i nostri figli, Rocco e Manu e con il nostro gatto Zorro, che da felino sgamato qual'è non perde mai l'occasione per andare ad accomodarsi accanto a lei sul divano; nel frattempo ha tenuto colloqui con diversi ragazzi ospitati negli appartamenti per capire di chi potesse essere l'identikit della persona che più poteva andare bene per le nostre caratteristiche, fino ad arrivare a sabato, giorno in cui, per la prima volta, ci siamo conosciuti con S.

 da sabato, appunto, penso molto, ma più di tutto penso che in quell'attimo, quando i nostri sguardi si sono incrociati, anzichè stringerti la mano, avrei dovuto abbracciarti.

ma avrò tempo per rifarmi.

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